I Verdi di Ossona e la lista civica Cambiamo Ossona, invitano a votare No al Referendum del 4 dicembre 2016,
Dal Sito della Federazione dei VERDI
la lettera di Angelo Bonelli
a seguire appello per il NO dei Verdi della Lombardia
"Alcuni giorni fa l’organizzazione mondiale metereologica -WMO- ha annunciato che la concentrazione di C02 in atmosfera ha superato le 400 parti per milioni. Un dato drammatico che indica come siamo entrati in una nuova era climatica che comprometterà il futuro del pianeta e delle generazioni che verranno. Di fronte ad una minaccia alla sicurezza globale del pianeta, i modi di produrre dovrebbero cambiare verso una loro conversione ecologica e le legislazioni adeguarsi a questo cambiamento epocale per garantire un futuro equo e sostenibile. Qualcuno dirà, cosa c’entra tutto questo con il referendum costituzionale che si terrà (forse ?) il 4 dicembre prossimo? C’entra e cercherò di spiegarlo. La riforma della Costituzione, che è la legge fondamentale dello Stato, avrebbe dovuto contenere nei suoi principi il tema di questa sfida epocale: la lotta al cambiamento climatico, il principio di precauzione, la sostenibilità ambientale, la tutela dei territori e il diritto alla partecipazione nelle scelte che incidono sull’ambiente. La riforma costituzionale votata dal parlamento non solo ha perso un’occasione storica non inserendo in Costituzione i principi succitati, ma è portatrice di un modello economico che riproduce gli errori del passato come ad esempio quello delle grandi opere, che hanno prodotto solo debito, anziché quello della manutenzione e messa in sicurezza dal rischio sismico e idrogeologico e non è un caso che le grandi banche mondiali o istituti finanziari come Jp Morgan, Goldman Sachs e Fitch, alcune delle quali responsabili della crisi dei subprime del 2008 e di aver inquinato con titoli tossici l’economia mondiale, sostengono il Si alla riforma costituzionale."
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http://www.verdi.it/comunicati/30508-voto-no-per-tutelare-lambiente-per-le-future-generazioni.html
DOCUMENTO PER IL “NO” NEL REFERENDUM SULLA RIFORMA
COSTITUZIONALE E SULLA CONNESSA LEGGE ELETTORALE
http://www.verdilombardia.it/verdi-per-il-no/
1. I Verdi italiani che sottoscrivono il presente documento ritengono
sbagliato e inaccettabile che il referendum sulla riforma
costituzionale, previsto per il 4 dicembre 2016, venga tramutato in
una sorta di plebiscito a favore del Presidente del Consiglio Renzi e
del suo Governo. Qualunque sia il giudizio che qualunque forza
politica e qualunque cittadino o cittadina abbia nei confronti del
Governo Renzi, che può essere positivo o negativo o anche
articolato rispetto ai singoli provvedimenti del suo programma, nel
referendum deve prevalere esclusivamente il giudizio sull’insieme
della riforma costituzionale approvata dalla maggioranza del
Parlamento secondo le procedure previste dall’art. 138 della
Costituzione. Il quale art. 138 prevede anche la possibilità di
promuovere un referendum (senza quorum di validità) su ogni legge
di revisione costituzionale, qualora tale legge non sia stata
approvata nell’ultima lettura da entrambe le Camere con i due terzi
dei propri componenti. La riforma costituzionale è stata approvata
con maggioranze di poco superiori al 50% e condizionate anche
dagli effetti “drogati” determinati dalla legge elettorale
“Porcellum”, poi dichiarata incostituzionale dalla Corte
costituzionale. Il prossimo referendum è stato promosso tanto dalle
forze politiche di opposizione, quanto dalle forze politiche di
maggioranza: nel primo caso si tratta di un referendum “oppositivo”
e nel secondo caso di un referendum “confermativo”, a seconda
delle intenzioni politiche dei proponenti.
2. I Verdi che sottoscrivono il presente documento condividono la
necessità del referendum, ma intendono esprimersi soltanto sulla
materia costituzionale, e sulla strettamente connessa (anche se non
sottoposta a referendum) legge elettorale per la Camera dei
deputati (il cosiddetto “Italicum”), che ne costituisce il logico
completamento, anche se si tratta di legge ordinaria e non di legge
costituzionale. Noi riteniamo che una riforma costituzionale non
debba mai essere legata alle sorti di alcun Governo “pro tempore”,
perché la Costituzione, anche se riformabile e riformata, è la legge
fondamentale che riguarda tutti i cittadini e le cittadine e anche
tutte le forze politiche, a prescindere dalle transeunti maggioranze
politiche che sostengono di volta in volta uno specifico Governo, e
deve avere la capacità e possibilità di una lunga durata e validità, al
di là delle singole contingenze politiche. Il popolo sovrano si è già
pronunciato due volte con un referendum popolare su complesse
riforme costituzionali. Nel 2001 il referendum ha confermato la
riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione proposta
dal centrosinistra, mentre nel 2006 il referendum ha bocciato la più
ampia riforma costituzionale proposta dal centrodestra nel 2005.
Nel primo caso la riforma era stata votata dal Parlamento durante il
Governo Amato e confermata nel referendum durante il Governo
Berlusconi. Nel secondo caso la riforma era stata votata dal
Parlamento durante il Governo Berlusconi ed era stata bocciata nel
referendum durante il secondo Governo Prodi. In nessuno dei due
casi precedenti, dunque, il pronunciamento referendario ha avuto
alcuna ripercussione sulle sorti dei Governi in carica.
3. La riforma elettorale, approvata con ripetuti voti di fiducia ed
entrata in vigore il 1° luglio 2016, è strettamente connessa alla
riforma costituzionale pur se attualmente non sottoposta a
referendum, mentre nel prossimo futuro, dopo il referendum, sarà
sottoposta al giudizio della Corte costituzionale anche alla luce della
sentenza n. 1 del 2014 sulla incostituzionalità di alcuni aspetti
essenziali della precedente legge elettorale (il cosiddetto
“Porcellum”). Noi riteniamo che l’”Italicum” sia una legge
inaccettabile sotto diversi profili. In particolare riteniamo sbagliato:
I. che il premio di maggioranza possa essere dato anche a chi
non ha raggiunto il 50% dei voti espressi e quindi non
condividiamo il doppio turno, che permetterà di ottenere il
premio di maggioranza anche sulla base del consenso di una
ristretta minoranza di elettori (nell’attuale sistema tripolare
e con i crescenti tassi di assenteismo, potrebbe
realisticamente trattarsi anche solo del 20-25% degli aventi
diritto al voto);
II. che sia esclusa la possibilità di formare coalizioni, come invece
è previsto sia per le elezioni regionali che per le elezioni
comunali, senza che questo abbia comportato problemi di
governabilità a livello regionale e locale, permettendo anzi
una più ampia rappresentatività e un più ampio pluralismo
sia tra le forze di governo che tra quelle di opposizione;
III. che siano previsti i capilista bloccati decisi dalle segreterie dei
partiti, senza possibilità per gli elettori e le elettrici di
esprimere su di loro il voto di preferenza, e che per di più sia
prevista per i capilista la possibilità di candidature plurime
(fino a dieci!), mettendo in questo modo esclusivamente
nelle mani dei segretari di ciascun partito la scelta
verticistica e autocratica degli eletti, espropriando le elettrici
e gli elettori di ogni possibilità di scelta e ritornando a
realizzare conseguentemente una Camera dei deputati in
grande prevalenza di “nominati” e non di eletti;
IV. che tutto questo comporti di fatto una modificazione
surrettizia della forma di Governo, arrivando ad una
“democrazia di investitura” ed espropriando
sostanzialmente il Presidente della Repubblica del potere di
scegliere il Presidente del Consiglio incaricato, come previsto
dalla Costituzione, arrivando invece ad una sorta di
“investitura” obbligata al “capo” sulla base dei risultati
consentiti dalla legge elettorale.
4. Per quanto riguarda la riforma costituzionale, riconosciamo che un
giudizio analitico può far emergere sia luci che ombre, ma riteniamo
che, nel suo insieme, si tratti di una riforma non condivisibile per il
suo impianto complessivo. Tra gli aspetti positivi possono essere
citati, ad esempio, la più rigorosa disciplina della decretazione
d’urgenza (inflazionata in modo crescente anno dopo anno e ormai
giunta a livelli inaccettabili anche col Governo Renzi) e la
soppressione del CNEL, organismo ormai totalmente obsoleto per
una classe politica, sindacale e imprenditoriale “a fine carriera”,
divenuto irrilevante rispetto alle finalità originariamente
immaginate (ma mai pienamente realizzate) per un simile
organismo. Tuttavia entrambi gli obiettivi avrebbero potuto essere
raggiunti con singole leggi costituzionali “ad hoc”, che avrebbero
realisticamente trovato il consenso della quasi totalità del
Parlamento e comunque, in caso di vittoria dei NO nel referendum,
potranno essere realizzati nel prossimo futuro appunto con singoli
provvedimenti di natura costituzionale, anche nell’ambito
temporale dell’attuale legislatura.
5. Tuttavia le ombre e gli aspetti critici della riforma prevalgono
nettamente sui pochi aspetti positivi. Il superamento del
bicameralismo perfetto o paritario, obiettivo pur condivisibile, è
stato realizzato in modo confuso e pasticciato, sia sotto il profilo
della composizione del futuro Senato, sia sotto il profilo delle sue
competenze legislative e del suo rapporto con la Camera dei
deputati e con il Governo. Appaiono inaccettabili e contradditorie
tanto le modalità di elezione indiretta, del resto demandate ad una
futura legge ordinaria di cui non si conoscono le caratteristiche,
quanto la sua natura politica: i futuri senatori rappresenterebbero le
rispettive forze politiche e non certo i territori. E per di più i cittadini
e le cittadine sarebbero espropriati del loro potere sia di elettorato
attivo che di elettorato passivo. Inoltre la ripartizione delle
competenze legislative tra Camera e Senato è stata effettuata, con il
nuovo art. 70, in modo talmente confuso e complesso, da rendere
incomprensibile il testo alla grande maggioranza dei cittadini e da
rendere probabili innumerevoli conflitti di competenza difficilmente
risolubili se non ricorrendo alla Corte costituzionale.
6. Per quanto riguarda l’altro fondamentale aspetto della riforma, e
cioè la modifica del Titolo V in materia di autonomie regionali,
anziché individuare alcune limitate e specifiche correzioni rispetto
alla riforma introdotta nel 2001 dalla maggioranza di centrosinistra
e confermata dal referendum popolare, si è scelta la strada di un
totale stravolgimento dell’impianto precedente. Anziché arrivare ad
una forma di federalismo o di regionalismo ben articolato ed
equilibrato, si è arrivati ad una vera “controriforma” con una
fortissima ricentralizzazione dei poteri in capo allo Stato, svuotando
di poteri, competenze e responsabilità il sistema delle Regioni a
Statuto ordinario, inserendo inoltre una “clausola di supremazia” e
congelando invece gli effetti della riforma stessa per quanto
riguarda le cinque Regioni a Statuto speciale. In questo modo si
mette in discussione anche il dettato dell’art.5 della Costituzione,
che ne è uno dei princìpi fondamentali. Inoltre la riforma
costituzionale triplica le firme necessarie per le leggi di iniziativa
popolare e riduce il quorum di validità per i referendum popolari
solo a prezzo di un forte aumento (da 500.00 a 800.000) delle firme
necessarie per la loro promozione, a fronte delle enormi difficoltà
per la certificazione delle firme dei cittadini.
7. Complessivamente il combinato disposto del testo della riforma
costituzionale e della complementare legge elettorale darebbe vita
ad un assetto costituzionale e istituzionale fortemente squilibrato
sul lato della presunta “governabilità” e a scapito della altrettanto
essenziale, e fondamentale in democrazia, rappresentatività. Non
sarà la campagna demagogica e populista sui costi della politica a
poter strumentalmente coprire gli squilibri politici e istituzionali, il
surrettizio cambiamento della forma di Stato e della forma di
Governo, le incoerenze e le numerose complicazioni del
procedimento legislativo, le ripercussioni negative sul sistema delle
garanzie costituzionali e dei “pesi e contrappesi”, che dovrebbero
sempre caratterizzare una autentica democrazia politica e una
democrazia costituzionale, quali erano state delineate dal disegno
dei padri costituenti nella Costituzione vigente.
8. Per tutti questi motivi, i Verdi che sottoscrivono il presente
documento decidono di prendere posizione per il NO nel
referendum costituzionale, fermo restando che i referendum
chiamano in causa in primo luogo il voto delle cittadine e dei
cittadini nella loro autonomia di scelta, mentre il ruolo delle forze
politiche dovrebbe essere principalmente di informazione e di
orientamento verso il voto popolare. In ogni caso, noi eviteremo di
schierarci in organismi e comitati, pur legittimi, che perseguano il
duplice obiettivo della vittoria dei NO nel referendum (obiettivo
ovviamente da noi condiviso per le motivazioni indicate), ma anche
della caduta del Governo Renzi. A livello nazionale e locale, noi
parteciperemo liberamente a quei comitati per il NO che si
caratterizzino esclusivamente per la presa di posizione critica,
informata e motivata sul merito della riforma costituzionale e della
connessa legge elettorale.
9. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, e con lui la Ministra Boschi,
a nostro parere sbagliano radicalmente nel mettere sullo stesso
piano l’esito del referendum del prossimo 4 dicembre e le sorti del
Governo. Se il Governo dovesse dimettersi, sarà per sua autonoma
e discutibile scelta, non per la volontà delle elettrici e degli elettori,
che sono chiamati a pronunciarsi sul merito della riforma
costituzionale e non sulla ipotizzata sconfitta del Governo. In ogni
caso, se per propria decisione cadesse il Governo Renzi, non ci sarà
alcun obbligo o automatismo di scioglimento delle Camere, essendo
questa una esclusiva responsabilità del Presidente della Repubblica,
il quale, per dettato costituzionale, dovrà eventualmente o rinviare
l’attuale Governo alle Camere (non avendo ricevuto da esse la
sfiducia) oppure, dopo opportune consultazioni parlamentari,
individuare un altro Presidente del Consiglio. Se prevarranno i NO, è
falso inoltre affermare che si chiuderà il capitolo delle riforme. È
invece un capitolo che si potrà tempestivamente riaprire già in
questa legislatura, sia per quanto riguarda le leggi elettorali per la
Camera e il Senato, sia con singole modifiche costituzionali per le
parti più largamente condivise e, nella prossima legislatura, con un
Parlamento più democraticamente legittimato rispetto a quello
espresso dal “Porcellum”, con la capacità di elaborare una riforma
più equilibrata, più condivisa e più largamente partecipata.
Questo documento è stato presentato e discusso nel Consiglio
Federale Nazionale e sottoscritto dalle seguenti Federazione Verdi
regionali: TRENTINO, LOMBARDIA, EMILIA ROMAGNA,
PIEMONTE, LIGURIA, VENETO, FRIULI VENEZIA GIULIA,
TOSCANA, UMBRIA, LAZIO, PUGLIA, CALABRIA, BASILICATA,
SICILIA, SARDEGNA. (Abruzzo e Molise non sono federazioni
formalmente costituite)
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