Non importa quanti forni ci sono. Importa la qualità del loro pane, delle loro offerte. In tutte le democrazie parlamentari con sistemi multipartitici, sono diversi i partiti in grado di dare vita a coalizioni di governo.
Abitualmente, i due criteri più importanti sono la compatibilità ideologica e la contiguità politica.
Il secondo criterio vale specialmente laddove i partiti riconoscono l’esistenza di destra e sinistra.
In Italia il Movimento 5 Stelle ha rifiutato questa distinzione fin dalla sua nascita, ma anche buona parte degli elettori leghisti afferma di non riconoscerla. L’indipendentismo e il federalismo guardano oltre. Le ideologie classiche sono oramai scomparse, non solo in Italia, ma, nel frattempo è nato il sovranismo in opposizione all’europeismo. Misuratosi con successo nelle urne europee, il sovranismo della Lega è diventato un fattore, forse il più importante, della crisi del governo giallo-verde. Oggi il riconoscimento della scelta europeista è la prima condizione che il Partito Democratico (im)pone alle Cinque Stelle per procedere alla formazione di un governo. Il PD chiede anche che le Cinque Stelle s’impegnono a non cercare un altro forno, cioè quello leghista. È una richiesta legittima, ma sostanzialmente impossibile da soddisfare. Infatti, le Cinque Stelle possono andare a vedere le carte del PD e presentare le proprie senza trattare in contemporanea con la Lega. Però, da un lato, la Lega, sull’orlo di una crisi di nervi per avere perso il governo e tutto quello che comporta, ha già messo sul tavolo le sue carte nuove, le vecchie essendo ben note alle Cinque Stelle. Dall’altro, nel caso fallisse lo scambio programmatico con il Partito Democratico, nessuno, neppure il Presidente Mattarella, potrebbe impedire alle Cinque Stelle di tornare a un rapporto a condizioni più favorevoli con un Salvini notevolmente ridimensionato e formare un Conte-bis, quel Conte sul quale il PD pone il veto.
D’altronde, qualsiasi negoziato per la formazione di un governo deve tenere conto anche delle persone, di coloro ai quali spetterà il delicato compito di attuare le politiche concordate. Talvolta questi “fornai” ottengono la carica di governo grazie al potere politico di cui godono nel loro partito. La loro presenza al governo è garanzia che contribuiranno a mantenerne il sostegno e non lo destabilizzeranno. L’elemento di grave disturbo a un eventuale governo Cinque Stelle-PD è dato dall’autoesclusione di Renzi e dei suoi, potenziali distruttori. Talaltra i fornai sono persone scelte per la loro competenza specifica: economica, sociale, di politica estera, della difesa, della giustizia. Privi di informazioni sulle rispettive preferenze derivanti da incontri precedenti, i dirigenti dei due partiti hanno bisogno di tempo per capirsi. Furono necessari circa ottanta giorni per dare vita al governo Conte. È irrealistico e controproducente, in particolare se si mira ad un governo di legislatura, fare fretta a Zingaretti e Di Maio. I forni hanno i loro tempi.
Pubblicato AGL il 26 agosto 2019
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Un esempio di repubblica parlamentare: l'Italia[modifica | modifica wikitesto]
L'Italia è un esempio di repubblica parlamentare[2]. Per la Corte costituzionale, "in una forma di governo parlamentare, ogni sistema elettorale, se pure deve favorire la formazione di un governo stabile, non può che esser primariamente destinato ad assicurare il valore costituzionale della rappresentatività" (sentenza n. 35 del 2017).
Il Parlamento italiano è diviso in Camera dei deputati e Senato della Repubblica e viene eletto ogni cinque anni dai cittadini. Esso detiene il potere di nomina del presidente della Repubblica e di concessione o revoca della fiducia al Governo.
Il presidente della repubblica viene eletto ogni sette anni dal Parlamento in seduta comune, integrato dai delegati regionali dei rispettivi Consigli (3 per ogni regione ad eccezione della Valle d'Aosta che ne ha uno solo), tramite voto segreto e con la maggioranza qualificata (2/3 dell'assemblea) o con la maggioranza assoluta dalla quarta votazione in poi (cioè con il voto favorevole della metà più uno degli aventi diritto). Egli ha il potere di sciogliere le camere e di nominare il governo ma non può essere sfiduciato dal Parlamento, anche se in seguito a gravi violazioni della Costituzione può essere messo in stato d'accusa dalle camere per alto tradimento. La sua eventuale destituzione, però, deve essere decisa dalla Corte costituzionale.
Il Governo è composto dal presidente del Consiglio dei ministri e dai vari ministri che variano da 20 a 25 in base alle decisioni dei governi; una volta nominato dal presidente della Repubblica esso deve presentarsi alle camere per chiedere la fiducia. Una mozione di sfiducia può essere presentata in qualsiasi momento da un decimo dei componenti di una camera, e nel caso il governo sia sfiduciato il presidente della Repubblica può nominarne un altro o, se non riesce a trovare nessuna coesione tra le forze politiche di maggioranza, firma il decreto di scioglimento anticipato delle due camere sancendo il ritorno del paese a elezioni[3], per costituire una nuova maggioranza in grado di sostenere un governo.
Come si può dedurre la vita politica dei governi italiani è sempre stata molto legata a quella del Parlamento. Il profilo di garanzia del presidente e il potere del Parlamento sull'intero governo hanno reso i governi italiani suscettibili alle maggioranze parlamentari, tanto che nessun governo è mai durato per tutta la legislatura. Il record di durata appartiene al governo Berlusconi II, dopodiché rimasto in carica quasi quattro anni (dal 2001 al 2005) e successivamente sostituito dal governo Berlusconi III.
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