Monica Frassoni, Co-Presidente dei Verdi Europei, in una lettera a Linkiesta per sostenere l’idea di un governo verde e europeista.
Caro Direttore, grazie davvero per avere avviato su Linkiesta, caso purtroppo unico e quindi ancora più meritevole, una discussione importante sul fatto che solo un serio programma verde e aggiungo io europeista, può dare un’anima e un senso a un eventuale governo che dovesse nascere dopo il patatrac salviniano. A meno di 24 ore dall’ora della verità rappresentato dal discorso del Presidente del Consiglio Conte, vorrei anche io dare un contributo, anche per animare il dibattito che si è aperto dopo il Suo articolo. Come hanno scritto praticamente tutti gli intervenenti, questa può essere un’enorme occasione per riportare l’Italia all’avanguardia dal punto di vista non solo economico e industriale di un vero Green New Deal che vede l’Italia tra i primi a sua insaputa, ma anche politico, come perfino una conservatrice finora abbastanza eco-indifferente come Ursula Von der Leyen ha capito. Le cose da fare per rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici sono note, ma non sono ancora entrate nella zucca né dei politici di primo piano, che non pensano di guadagnare voti col verde, né dei media, che sono pigri e indolenti e si divertono molto di più a seguire Salvini sulle spiagge o Renzi redivivo. È anche per questo che è importante sottolineare che quand’anche nascesse un governo un po’ più verde degli altri, il lavoro per assicurare una vera transizione sarebbe solo all’inizio.
Io vedo tre azioni da mettere subito in campo per raggiungere il nostro scopo, e non solo da parte di chi sta dentro le istituzioni, ma anche da parte della società civile, del mondo economico e degli ecologisti ovunque dispersi, soprattutto se, come pare oggi, non ci saranno elezioni in autunno:
1. Definire al più presto pochi punti, precisi, chiari e soprattutto comuni, su quali devono essere le cose da fare subito per dare un’impronta verde e innovativa al nuovo governo, capace di essere capita subito dall’opinione pubblica;
magari si potrebbe anche mettersi d’accordo su una squadra dove politici e non, nuove leve e non, donne e non, costruiscano un insieme originale ed efficiente, disinteressato ai litigi della politica dei Twitter assassini e superficiali. Una discontinuità netta nelle persone sarebbe infatti la migliore garanzia della riuscita di questa difficile impresa. Tornando ai temi, la discussione sulla nuova legge di bilancio potrebbe vertere sul trasferimento di una parte importante dei 19 miliardi circa in sovvenzioni ambientalmente dannose su investimenti “puliti”, economia circolare, difesa del suolo e misure di mitigazione degli effetti già enormi dei cambiamenti climatici in atto: su questo sarebbe anche più utile “battere i pugni sul tavolo” a Bruxelles, che su sconti o condoni fiscali ed edilizi.
Poi si potrebbe subito mettere mano alla bozza attuale del Piano Clima ed energia che si deve presentare a Bruxelles a fine anno, per rivederne gli impegni tiepidini e assolutamente insufficienti, riprendendo davvero a spingere su energie rinnovabili ed efficienza energetica, coinvolgendo il mondo economico, ma anche cittadini ed enti locali in una vera e propria rivoluzione positiva. Senza dimenticare misure immediate di accompagnamento alla transizione e formazione, che possono anche basarsi su un uso migliore dei famosi Fondi europei 2014/2020 per occupazione, ricerca e PME, dissesto idrogeologico, bonifiche, che l’Italia ha usato per adesso solo per un miserrimo 20%. Altro atto significativo da mettere in cantiere rapidissimamente, si potrebbero chiudere le infrazioni ambientali alle leggi europee, che ci sono costate qualcosa come 589 milioni di euro dal 2011 ad oggi. Su questi punti, credo sarebbe possibile impostare una discussione seria e capace di consenso di un governo senza Salvini.
Poi si potrebbe subito mettere mano alla bozza attuale del Piano Clima ed energia che si deve presentare a Bruxelles a fine anno, per rivederne gli impegni tiepidini e assolutamente insufficienti, riprendendo davvero a spingere su energie rinnovabili ed efficienza energetica, coinvolgendo il mondo economico, ma anche cittadini ed enti locali in una vera e propria rivoluzione positiva. Senza dimenticare misure immediate di accompagnamento alla transizione e formazione, che possono anche basarsi su un uso migliore dei famosi Fondi europei 2014/2020 per occupazione, ricerca e PME, dissesto idrogeologico, bonifiche, che l’Italia ha usato per adesso solo per un miserrimo 20%. Altro atto significativo da mettere in cantiere rapidissimamente, si potrebbero chiudere le infrazioni ambientali alle leggi europee, che ci sono costate qualcosa come 589 milioni di euro dal 2011 ad oggi. Su questi punti, credo sarebbe possibile impostare una discussione seria e capace di consenso di un governo senza Salvini.
2. Darsi un tempo limitato, ma congruo per affrontare davvero sulla base di fatti e tolleranza reciproca e di occasioni organizzate e pubbliche di discussione
i punti critici che, al di là del merito, sono diventati dei miti e dei simboli di visioni radicalmente opposte e che potrebbero invece essere riportati a più razionale e pragmatica soluzione. Parlo della TAV e delle infrastrutture, di ILVA, dei rifiuti o autostrade, dei gasdotti, tutte questioni che devono essere affrontate non facendo finta di essere ancora negli anni ’90, ma alla luce delle priorità di riduzione delle emissioni e mitigazione dei loro effetti. I temi dello sviluppo industriale, della nuova agricoltura, della scienza e della salute, della giusta transizione, non possono infatti continuare ad essere trattati come in uno stadio o con slogan superficiali. Sono temi complessi, ma appassionanti e nessuno ha la verità in tasca. Personalmente, credo nella razionalità delle persone e sono convinta che questo dialogo, politico non accademico si intende, sarebbe utile e positivo. Non tanto per trovare compromessi impossibili, ma per ridiscutere priorità e importanza alla luce appunto del criterio mai usato prima dei cambiamenti climatici e della Green economy. Non dimentichiamo che ci sono in Italia più di 6 milioni di cittadini che vivono in aree fortemente inquinate e quasi 8 in territori fortemente a rischio di dissesto. Anche per questa operazione non bastano deputati o senatori. Ci vuole la partecipazione di associazioni, operatori economici e dei media.
3. Smettere di dividere il mondo fra ecologisti buoni e cattivi, per intenderci quelli dei SI, tanto carini, realisti e amici dei Gruenen, e quelli del NO, tutti conservatori, catastrofisti, settari e soprattutto fallimentari: questa eterna polemica è dannosa e ci indebolisce tutti: gli avversari sono altrove!!
Insomma bisogna smettere di dare pagelle di “verditudine” dei No e dei SI, di dividere i buoni verdi o ecologisti (quelli tedeschi e quelli dei Friday for Future) da quelli cattivi (quelli italiani, la sinistra, i comitati vari, dai NoTav ai NoTap), mischiando in modo molto ideologico e spesso, e lo dico con rispetto, anche un po’ disinformato, come hanno fatto in molti e non ultima Costanza Hermanin nel suo intervento su Linkiesta, contesti completamente diversi, battaglie decennali meritorie, risultati importanti, rivendicazioni sacrosante, con battaglie a volte di retroguardia, errori, chiusure e fallimenti, dimenticando il ruolo importante di proposta, di avanguardia e anche di resistenza giocato da molti dei supposti ecologisti del NO in un mondo pieno di SI distruttivi. Peraltro, giusto per dovere di cronaca, alla base del successo dei verdi tedeschi non c’è alcuna vittoria dei Realos contro i Fundis, divisione ormai obsoleta. Come dice il mio co-Presidente al Partito verde europeo Reinhard Buetikofer, leader dei Verdi tedeschi per un decennio, se ci fosse stata la vittoria di una parte sull’altra il partito non avrebbe superato le sue divisioni e oggi non avrebbe una costante ascesa del numero dei suoi membri.
La formula vincente è stata invece quella di essere radicali nell’analisi del bisogno di cambiamento; visionari nella formulazione degli obiettivi, pragmatici e organizzati nella loro realizzazione,
aperti alle alleanze necessarie con forze vive dell’economia e della società; e riuscire a mantenersi uniti e positivi, invece che litigare internamente e insultare gli avversari. Sagge parole, da applicare subito anche al variegato mondo ecologista nostrano. L’esperienza europea dimostra che una presenza autonoma di un partito Verde è necessaria per rafforzare la trasformazione ecologica cosi urgente e anche per “contaminare” il dibattito pubblico e gli altri partiti. Il risultato di Europa Verde alle elezioni europee rappresenta un segnale positivo pur se insufficiente che ci dice che è urgente organizzarsi per dare maggiore rappresentanza all’onda verde che faticosamente emerge anche in Italia: la svolta ecologista della politica non si può reggersi solo sulla conversione ancora improbabile del PD o sui fantastici ragazzi e ragazze dei Climate Strikes.
Ci vuole un processo aperto che possa favorire una presenza politica sul territorio in grado di avere un impatto sul dibattito politico e sulle decisioni di voto dei cittadini;
già si cerca di farlo, a partire dai Verdi italiani, da personalità di Possibile e di reti di attivisti della società civile che hanno partecipato all’avventura delle Europee, mirando a coinvolgere personalità del mondo economico ed associativo e di favorire la partecipazione dei tanti semplici cittadini e cittadine, che alla spicciolata stanno di nuovo interessandosi al tema della rappresentanza politica delle istanze ecologiste. Se poi la situazione precipitasse e si andasse ad elezioni, l’urgenza di una svolta verde da opporre alla deriva sovranista che è anche reazionaria e climato-scettica della Lega e di Fratelli d’Italia sarebbe anche più evidente: dovremo organizzare a tutta birra una lista ecologista aperta e plurale, che spero di chiamerà “Europa verde” come alle europee, e un’azione pubblica di mobilitazione e reciproca contaminazione tra le forze politiche democratiche, progressiste e almeno una parte dei 5stelle, per mettere al centro della campagna elettorale non inesistenti invasioni, ma le politiche positive per ridurre le emissioni e fare rinascere l’Italia col verde, i diritti di tutti e l’Europa.
Monica Frassoni per Linkiesta.it
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